Scopri il piatto preferito di Laila Hasanovic, la fidanzata di Sinner, e come condivide i suoi sapori con il campione: un viaggio tra gusto, tradizione e momenti speciali che raccontano la loro storia.
A Montecarlo il “piatto” più amato non è un primo né un secondo, ma il gelato. Dalla gelateria Santo Gelato, sotto casa di Jannik Sinner e Laila Hasanovic, i retroscena di una passione comune: assaggi, gusti scelti con cura e una vaschetta da un chilo prima della tournée sul cemento. “Laila è gentile e acqua e sapone”, raccontano i proprietari.

Montecarlo – Non una ricetta d’alta cucina né un piatto d’autore: il piatto preferito di Laila Hasanovic, quello che condivide con il campione, è il gelato. È qui, tra coni, coppette e vaschette che profumano di pistacchio e amarena, che si racconta la quotidianità più semplice di Jannik Sinner e della fidanzata.
Nella La Condamine monegasca, quartiere brulicante di vita tra mercato e porticciolo, c’è una vetrina che li vede spesso protagonisti: Santo Gelato, insegna di Roberto e Nicoletta Stampfl, è letteralmente sotto il loro palazzo e negli ultimi mesi è diventata il set spontaneo di piccoli riti di coppia.
Il ritratto lo tracciano proprio i proprietari, intervistati dal settimanale Dipiù. Il primo appunto riguarda lei, Laila: garbata, luminosa, senza sovrastrutture. “Bellissima, molto semplice nel modo di porsi e di vestirsi: una ragazza acqua e sapone”, dice Nicoletta. Con Sinner parla in inglese, conferma, come spesso succede nelle coppie internazionali che a Montecarlo hanno trovato casa e ritmo. La normalità di una pausa gelato diventa così un frammento di vita condivisa, un “piatto” quotidiano tanto più significativo perché scelto insieme e consumato senza clamore, seduti su una panchina o fuori dal locale.
Laila Hasanovic svela il suo piatto preferito amato anche da Sinner
Se Laila porta la grazia della discrezione, Jannik mette sul banco un’inaspettata competenza tecnica. “Se ne intende”, raccontano da Santo Gelato. Non si affida al caso: assaggia, valuta la consistenza, soppesa profumi e persistenza in bocca, poi decide. E alla fine, quasi sempre, il verdetto resta fedele a due capisaldi: pistacchio e amarena, l’abbinamento che il numero uno al mondo privilegia e che è diventato una sorta di firma dolce delle sue soste monegasche. Una scelta classica, che dice molto: il pistacchio ben fatto è una cartina di tornasole per chi cerca equilibrio tra tostatura e cremosità; l’amarena aggiunge acidità gentile e un tocco rétro che spezza lo zucchero.

La passione è talmente condivisa da trasformarsi, alla vigilia dei grandi appuntamenti, in piccola scorta. Prima di partire per la stagione sul cemento negli Stati Uniti, tra Cincinnati e New York, la coppia si è presentata in negozio per acquistare una vaschetta da un chilo. Un gesto semplice che svela abitudini domestiche: portare a casa il gelato preferito, gustarlo con calma, diluire il conto alla rovescia verso i tornei in momenti di leggerezza. Persino l’attesa fuori dal locale, raccontano gli Stampfl, è stata serena e prolungata, quasi a voler afferrare tutto il sapore di una pausa qualsiasi prima di tuffarsi nella frenesia del circuito.
Nel racconto di Santo Gelato c’è anche il contesto che fa da cornice: Montecarlo come snodo dove i campioni imparano a vivere da residenti, non solo da atleti. Le soste in gelateria sono un’abitudine che accomuna tanti protagonisti della racchetta. Tra i clienti affezionati sfilano i nomi di Simone Bolelli, Daniil Medvedev, Grigor Dimitrov. Il banco dei gusti diventa così un crocevia di dialetti tennistici, superstizioni e piccoli rituali: chi prende sempre lo stesso, chi sperimenta, chi chiede consigli come farebbe per un vino.
L’aneddoto più gustoso, in tutti i sensi, porta però la firma di Rafael Nadal. Quando si allenava a Montecarlo, dicono, entrava spesso da Santo Gelato non solo per ordinare, ma per capire. Curioso come in laboratorio, faceva domande, cercava i segreti dell’equilibrio perfetto tra materie prime, zuccheri e mantecazione. “Il più simpatico di tutti”, ricorda Nicoletta, con un sorriso che è già un giudizio. Una lezione involontaria su come il talento si nutra anche di umiltà e di voglia di imparare, che sia sul Centrale di uno Slam o davanti a una carapina lucida.