La Gastronomia Mondiale come Patrimonio Immateriale dell’Umanità: un viaggio tra le 27 tradizioni culinarie riconosciute dall’UNESCO

La Gastronomia Mondiale diventa, secondo l’UNESCO, Patrimonio Immateriale dell’Umanità: un viaggi fra 27 tradizioni culinarie, ricche di gusto e di storia.

Un cucchiaio di brodo può raccontare un popolo, una festa di strada può custodire un secolo. La cucina, quando è vissuta insieme, diventa memoria condivisa. E quando la memoria si fa pratica quotidiana, l’umanità la riconosce come bene da proteggere. Per comprendere appieno il valore della gastronomia come espressione culturale vivente, non si possono limitare le osservazioni alle sole ricette.

chef che cucina
La Gastronomia Mondiale come Patrimonio Immateriale dell’Umanità: un viaggio tra le 27 tradizioni culinarie riconosciute dall’UNESCO Dieta.it

È fondamentale considerare anche i gesti, le voci e i riti che le accompagnano. L’UNESCO ha etichettato questi aspetti collettivi come patrimonio immateriale, sottolineando che l’importanza non risiede nel singolo piatto, ma nel sapere che circonda il cibo: chi lo prepara, come viene trasmesso e i momenti in cui viene condiviso. Questo approccio evidenzia come l’atto di mangiare sia prima di tutto sociale, oltre che tecnico.

Un cucchiaio di brodo può raccontare un popolo, una festa di strada può custodire un secolo

In diverse parti del mondo, è possibile percepire la forza della tradizione culinaria semplicemente camminando per le strade. L’odore di cavoli fermentati che si diffonde da una botte a Seoul, la mano che lavora l’impasto a Napoli, il brusio di un hawker centre a Singapore durante l’ora di pranzo: tutti questi sono esempi di come il cibo possa unire comunità e territorio. Questi momenti spiegano anche il motivo per cui alcune pratiche alimentari vengono riconosciute e protette dall’UNESCO.

chef che cucinano all'aperto
Un cucchiaio di brodo può raccontare un popolo, una festa di strada può custodire un secolo Dieta.it

Per l’Italia, il cuore della tradizione culinaria batte particolarmente forte. La Dieta mediterranea, riconosciuta nel 2010 e successivamente ampliata, celebra l’unione tra cibo, paesaggio agricolo, stagionalità e convivialità. L’Arte del pizzaiuolo napoletano, inclusa nel 2017, protegge le competenze, i rituali e il lessico specifico di questa tradizione. Una terza candidatura per la cucina italiana mira a riconoscere il sistema di saperi diffusi che caratterizza il paese. Queste pratiche sono valorizzate non solo per il loro legame con l’educazione alimentare, le filiere locali e i mestieri, ma anche per la loro capacità di trasmissione intergenerazionale.

Un itinerario tra 27 tradizioni viventi

Il panorama delle pratiche alimentari riconosciute dall’UNESCO include 27 voci, che spaziano tra cibi, bevande e rituali sociali legati al cibo. Tra queste, troviamo il “Gastronomic meal of the French”, che tutela il pasto come rito domestico e pubblico, e la “Traditional Mexican cuisine”, che celebra i sapori di Michoacán. Il Washoku giapponese, il Kimjang coreano, la Turkish coffee culture and tradition, il Lavash, la Belgian beer culture, l’Art of Neapolitan Pizzaiuolo, la Hawker culture di Singapore e le pratiche legate al couscous e alla baguette sono solo alcuni esempi di come l’UNESCO mantenga viva la tradizione culinaria, promuovendo educazione, sostenibilità ed economie locali.

E domani?

Le liste dell’UNESCO sono in costante evoluzione, con nuove candidature che emergono e pratiche che si espandono a più Paesi. Questo dinamismo è un segnale positivo, indicativo del fatto che la tradizione culinaria non è statica, ma un continuo dialogo. Ogni volta che si spezza un pane o si condivide una pizza, si partecipa alla trasmissione di patrimoni invisibili, celebrando gesti semplici che hanno il potere di unire le persone.

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